"Il boss Francesco Casillo è l'unica voce narrante di questo processo, ma le sue dichiarazioni sono inaffidabili e contraddittorie. Ha cambiato più volte versione, fornendo elementi sempre più contrastanti e poco coerenti tra loro. Com’è possibile che sia il suo castello di bugie a determinare un’eventuale condanna?”.

A dichiararlo è Antonio Marino, avvocato difensore di Pasquale Sario, il militare dell'Arma dei Carabinieri a processo insieme ai colleghi Sandro Acunzo e Gaetano Desiderio con l’accusa di avere stretto un patto con Francesco “A vurzella” Casillo, boss del Piano Napoli di Boscoreale.

“Persino il suo ex avvocato ha definito Francesco Casillo un mitomane – sottolinea Marino - Inoltre, nel corso di questa vicenda processuale, anche i Gip Alfano e Comella hanno più volte evidenziato l’inaffidabilità delle sue dichiarazioni, definendolo poco collaborativo e non intenzionato ad affrancarsi dalla criminalità. Il Pubblico Ministero ha ignorato questi aspetti, spacchettando a proprio piacimento il compendio dichiarativo di Casillo e tralasciando le continue contraddizioni e bugie emerse in più occasioni”.

Questa mattina, nell'aula Siani del Tribunale di Torre Annunziata, è toccato alla difesa procedere con le discussioni finali. Durante l’arringa conclusiva di oltre tre ore, l’avvocato Marino ha ricostruito l'intera vicenda processuale e focalizzato l'attenzione sul castello di bugie che il boss avrebbe messo in piedi per 'incastrare' i militari.

Ma facciamo un passo indietro. Quindici anni fa i tre imputati erano in servizio al nucleo investigativo del Gruppo di Torre Annunziata nel bel mezzo di una sanguinosa faida di camorra. All'epoca Francesco Casillo, alleato del clan Gionta, controllava le principali piazze di spaccio dell'area vesuviana. In base al teorema accusatorio costruito dalla Pm Ivana Fulco, che ha chiesto quasi cinquant’anni di carcere per i tre, i militari sarebbero scesi a patti con il boss Casillo per ottenere brillanti risultati in operazioni complesse, quali ad esempio l’arresto del latitante Maresca, tra i responsabili dell’omicidio del tenente Pittoni. Il sodalizio tra i militari e Casillo è emerso dopo il pentimento di quest’ultimo e le relative indagini dell’Antimafia.

"La vicenda del sequestro di droga al porto di Napoli nel 2008 ha un ruolo cruciale in questo processo. Si suppone che l'operazione sia avvenuta grazie ad una soffiata di Casillo, che avrebbe fornito indicazioni precise ai militari. Secondo il Pubblico Ministero il boss avrebbe avuto informazioni sui container con la partita di droga. Ma come avrebbe fatto ad avere questi dettagli ad ottobre, se la nave con la droga sarebbe partita soltanto a dicembre? Ovviamente non avrebbe potuto saperlo. Ergo, non c'era alcun accordo con i militari rispetto alla cocaina in arrivo dal Sud America".

Nell'ambito di quell'operazione Acunzo e Desiderio avrebbero dovuto portare le borse contenenti la droga al comando provinciale, ma invece si recarono alla caserma di Torre Annunziata. Un elemento che non è affatto sfuggito al Pubblico Ministero. L'accusa, infatti, ritiene che la cocaina fosse destinata alle piazze di spaccio gestite dal Casillo a Boscoreale. Secondo l'avvocato Marino, al contrario, sarebbe stata proprio la vicenda di questo sequestro a mettere ulteriormente in evidenza le contraddizioni del boss. E, stavolta, in questa ennesima disamina dei fatti, i fari sono puntati sul rapporto tra Natale Scarpa e Francesco Casillo e, soprattutto, sulle dichiarazioni rese dal pentito Parascandalo

"Natale Scarpa, ritenuto l'importatore di quel carico, avrebbe detto a Casillo dell'arrivo di 300 kg di droga dal Sud America. Eppure, in base alle dichiarazioni rese dal pentito Parascandalo, risulta che i rapporti fra i due fossero notevolmente compromessi dopo l'omicidio dei fratelli Manzo. Scarpa, infatti, era molto amico di uno dei due e avrebbe preso le distanze da Casillo in quanto corresponsabile dell'agguato. Nel 2019 il boss ha riferito di 400 kg di droga all'interno del container poi, dopo un anno e mezzo, ha cambiato di nuovo versione dicendo di non conoscere il peso esatto. La sue dichiarazioni non sono credibili, è evidente. Mi auguro che il Tribunale di Torre Annunziata prenda in considerazione questi elementi, ignorati dal Pubblico Ministero, e assolva Pasquale Sario dalle accuse a suo carico".

Dopo quindici anni il processo è alle battute finali. Fissata al 30 giugno l'ultima udienza con la discussione degli avvocati Russo e Sorrentino, rispettivamente difensori di Desiderio e Acunzo. Nella stessa giornata, con ogni probabilità, il collegio presieduto dalla Presidente Iannone si riunirà in Camera di Consiglio per poi emettere la sentenza. 

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