Morte Tommasina, il legale dei familiari: “Medici hanno nascosto la verità”
Concluso dibattimento. L’avvocato: “Primo intervento fatto con superficialità, per anni medico ha taciuto”
21-12-2020 | di Redazione
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“Non è stata individuata in tempo la causa dell’emorragia che ha portato alla morte di Tommasina. Inoltre, per anni il chirurgo ha taciuto sul secondo tentativo fatto sulla scia della disperazione per cercare di salvare la vita alla giovane donna. Le sue responsabilità sono state ampiamente dimostrate”.
Si è chiusa così l’istruttoria legata al processo per stabilire la verità sulla morte di Tommasina De Laurentiis, la 25enne di Torre Annunziata deceduta l’8 marzo 2013 durante un’operazione di colecisti all’ospedale di Boscotrecase. Ascoltati altri due periti nominati dalla difesa dei tre medici imputati a vario titolo per i reati di omicidio colposo e falso ideologico.
LA MORTE. Tommasina De Laurentiis doveva essere sottoposta ad una colecistectomia da effettuarsi con un sondino interno, il trocart. Secondo gli esiti dell'autopsia, svolta sul corpo della 25enne, fu proprio quel sondino a tranciarle la vena cava inferiore e l'aorta addominale.
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IL PROCESSO. Questa mattina al tribunale di Torre Annunziata si è svolta l’udienza nella quale hanno parlato due periti nominati dagli avvocati difensori di Roberto Palomba, ex primario del reparto di chirurgia dell’ospedale “Sant’Anna”. Per l’accusa “Tommasina morì a causa di una forte emorragia, durante l’operazione, scoperta con gravissimo ritardo dai medici. Un intervento di routine finito in tragedia che Palomba – così il pm e i familiari della vittima, i cui interessi sono curati dall’avvocato Gennaro Ausiello – cercò di coprire, falsificando la cartella clinica”.
LA SENTENZA. Nel 2021, dopo quasi 8 anni di attesa, è prevista la discussione in aula e la sentenza di primo grado. Il dato che è emerso da questo processo è che “nel corso degli anni si sono succeduti, tra gli altri, 5 anestesisti e 4 infermieri, che hanno assistito all’intervento e hanno potuto vedere e riferire che durante il primo intervento non si trovò la causa dell’emorragia”, ha riferito l’avvocato di Elvira Avino, mamma della vittima.
LE RESPONSABILITA’. Solo dopo il nuovo intervento si trovò la fonte emorragia, ma per Tommasina non c’è stato nulla da fare. Il tutto nonostante ci fossero, sempre secondo l’accusa, indicatori preoccupanti che facevano pensare al peggio: emocromo ed emoglobina molto basse, emogas che indicava una cirrosi metabolica grave, pallore e ipotensione. “Palomba avrebbe dovuto accorgersi, per la sua esperienza, della gravità del quadro clinico – ha continuato Ausiello -. E per anni ha taciuto sul secondo intervento, cercando di alleggerire le sue responsabilità. Ora speriamo che questo processo si concluda il più in fretta possibile”.
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