“Una sfilza infinita di collaboratori di giustizia inattendibili e dichiarazioni non utilizzabili per cercare di incastrare Francesco Tamarisco. Un processo che finora si è basato su una marea di voci correnti e pochi dati di fatto che non possono far ritenere Tamarisco responsabile di aver ordinato la morte di Matilde Sorrentino”.

Sono servite oltre tre ore di discussione all’avvocato Valerio Spigarelli, ex presidente dell’Unione Camere Penali, per difendere il boss dalla pesante accusa di aver armato di braccio di Alfredo Gallo per uccidere Mamma Coraggio il lontano 26 marzo 2004. Matilde fu raggiunta da 4 colpi di pistola, esplosi in faccia a distanza ravvicinata. Una vera esecuzione. Lei, Matilde, pagò con la vita il coraggio che ha avuto nello squarciare il velo di omertà su quegli orrori perpetrati a danno di alcuni bambini (tra i quali il figlio) nel Rione Poverelli di Torre Annunziata.

Un coraggio che innescò in Tamarisco una reazione folle ordinandone il massacro. Una spedizione punitiva che gli è costato l’ergastolo in primo grado. E ora, il processo è giunto ormai alle battute finali, ripercorrendo in lungo e in largo quell’omicidio che provocò un’ondata di dolore in tutta la comunità di Torre Annunziata. Gli abusi sui minori furono documentati grazie alle denunce di tre madri, i cui figli erano caduti nella rete dei pedofili. Il ruolo di assoluta protagonista venne assunto da Matilde Sorrentino, per questo detta “mamma coraggio”. Un processo che ha fatto emergere uno spaccato duro della realtà in cui viveva la città oplontina. Un luogo del male in cui non si ha rispetto per bambini e donne. In questo contesto Matilde Sorrentino è morta per lottare contro questo male. Pur essendo una donna indifesa non si è mai tirata indietro e il suo esempio sarà da insegnamento per una società migliore. La sentenza è prevista per metà novembre.

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