“La sentenza non mi aiuterà a riportare in vita Tommasina. Provo rabbia perché aspettare dieci anni per una verdetto è assurdo”. Pacifico ha perso sua sorella dieci anni fa, da un giorno all’altro. Sarà stato straziante il momento in cui ha messo la parola fine alla storia che lo legava a Tommasina De Laurentiis. Fratelli uniti, cresciuti in una famiglia onesta, umile e lavoratrice. E ora divisi per sempre per l’imperizia di un medico che ha commesso un errore grave. Una leggerezza che ha poi tentato poi occultare scrivendo il falso sulla cartella clinica della vittima.

La Cassazione ha confermato tutto, omicidio colposo e falso ideologico. Il medico responsabile della morte di Tommasina dovrà scontare cinque anni di carcere: “Troppo pochi per una persona senz’anima come lui”, ha spiegato affranto Pacifico De Laurentiis. Non riesce a darsi pace, pensando all’operato di Roberto Palomba. Il dottore avrebbe dovuto effettuare un intervento chirurgico che doveva essere di routine. Per Tommasina invece fu l’inizio della fine. La giovane di Torre Annunziata morì nel marzo del 2013 all’ospedale di Boscotrecase per un intervento di colecisti.

“E’ stata una sofferenza atroce per me, mia madre, mia nipote che all’epoca aveva solo quattro anni e tutti i miei familiari – ha continuato Pacifico -. La Giustizia non può e non deve essere così lenta”. Tommasina è morta non solo per negligenza ma anche per imperizia. Una tesi sostenuta negli anni da Gennaro Ausiello, l’avvocato della famiglia di Tommasina. Una condotta inaccettabile se si pensa che il dottore, per salvarsi, ha depistato le indagini falsificando una cartella clinica, coinvolgendo anche due anestesisti.

Dopo la prima operazione, le condizioni di Tommasina erano sembrate subito gravi alla famiglia. Valori ematici sballati e il sospetto di un’emorragia. Sottoposta ad altre due operazioni, la 25enne morì senza un ragionevole perché. L’autopsia effettuata successivamente sul corpo aveva rivelato lesioni all’aorta addominale e alla vena cava inferiore provocate dall’utilizzo errato delle sonde inserite nell’addome durante l’intervento, effettuato in laparoscopia. “La sutura della vena aorta – ha rimarcato l’avvocato Ausiello – avvenne in netto ritardo, certamente non in tempo utile per salvarla. Probabilmente è stato fatto quando Tommasina era già morta. Nella cartella clinica però c’era scritto ben altro”.

Una morte ingiustificabile, causata da errore umano e cosa ancora più grave dopo tre operazioni e lunghissime e terribili ore per la famiglia: “Ora proviamo ad andare avanti – ha concluso Pacifico -. Di certo il verdetto del giudice rappresenta un sospiro di sollievo. Ma la pena è ben diversa da quella che avrebbe dovuto scontare il responsabile. E’ morta una persona, la nostra sofferenza è rimasta e rimarrà per sempre nei nostri cuori”.

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