“Solo una banale lite tra ragazzi finita in tragedia. Maurizio Apicella ha agito per legittima difesa”. Carlo Taormina si è espresso così sulla tragedia che ha colpito la città di Gragnano.

Si va delineando il quadro sulla folle notte di sangue e morte del 25 maggio 2020 in vista del processo vero e proprio. Due raid, uno in via Vittorio Veneto, l’altro in via Pasquale Nastro, inseriti in una lite tra bande per il controllo delle piazze di spaccio a Gragnano.

In cella da mesi, sul capo di Maurizio Apicella, 20 anni e figlio del ras Rossano l'accusa più grave. Dietro le sbarre anche il suo compagno di quella notte Ciro di Lauro, 21 anni. Furono loro, come hanno anche ammesso, a ferire a morte il nipote del boss ergastolano Nicola Carfora e il cugino, Carlo Langellotti, che era con lui quella notte.

A poco più di un anno dalla morte del ragazzo, l’avvocato ha partecipato all’ultima udienza. In aula si è presentata la dottoressa Verde che ha ricevuto l’incarico per la trascrizione delle intercettazioni ambientali e telefoniche che verranno discusse in Corte d’Assise.

Per Taormina però non ci sono dubbi: “La Procura di Napoli vede camorra in ogni luogo – ha spiegato – e ha presentato il caso delle morte di un suo coetaneo come uno scontro tra due ragazzini da collocare tra clan camorristici contrapposti. Ma fu una banale lite tra ragazzi”.

Ma c’è dell’altro. Secondo Taormina “ci sono tutti gli estremi della legittima difesa. Dolore e rispetto per la vittima, ma in fatto e in diritto Maurizio Apicella fu aggredito, preso per il collo, sollevato fino a non poter respirare. La sua reazione è assolutamente da inquadrare nella difesa legittima”.

Una difesa in cui non ha avuto scampo Nicholas Di Martino, una vita spezzata a 17 anni e i familiari che in questi mesi hanno chiesto a gran voce giustizia.

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