Torre Annunziata. Fece uccidere Matilde Sorrentino: ergastolo a Francesco Tamarisco
Mamma coraggio fu ammazzata a colpi di pistola sul pianerottolo di casa: confermato il carcere a vita per il boss
10-11-2023 | di Marco De Rosa
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Confermato l’ergastolo per il boss. Fu Francesco Tamarisco ad ordinare la morte di "Mamma Coraggio". E' uscita, poco dopo le tredici di oggi, la sentenza in appello sull'omicidio di Matilde Sorrentino.
LA SENTENZA. Carcere a vita: questo è il verdetto per il capo della cosca che condannò a morte la madre uccisa a 49 anni, davanti casa, il 26 marzo 2004. Raggiunta da quattro colpi di pistola. Una vera esecuzione. Pagò con la vita le sue denunce sugli abusi sessuali perpetrati ai danni di alcuni bambini, tra i quali il figlio, nel quartiere dei Poverelli. Accolta, quindi, la richiesta del Procuratore Stefania Buda di confermare la condanna che ha chiesto ai giudici l'ergastolo per l'imputato.
LA STORIA DI MATILDE. Uccisa perché aveva avuto il coraggio di ribellarsi al clan e all’omertà che regnava a Torre Annunziata. Un processo durato anni, durante i quali si sono raccontati 19 anni di scandali, omicidi, violenze, intercettazioni. Uno spaccato della città vissuta come “luogo del male in cui non si ha rispetto per bambini e donne”. E in questo contesto Matilde Sorrentino è morta per lottare contro questo male. “Pur essendo una donna indifesa non si è mai tirata indietro”, ha più volte ribadito il procuratore in aula prima il procuratore Pierpaolo Filippelli in primo grado, poi il procuratore generale Stefania Buda in appello. Secondo l’accusa è lui ad aver armato la mano di Alfredo Gallo. Matilde fu uccisa nel 2004 sulla porta di casa, con quattro colpi di pistola in faccia. Così come aveva fatto perdere la faccia ai Tamarisco, ora la faccia doveva perderla anche lei. Ed è stata zittita per sempre.
Matilde Sorrentino, un’eredità di coraggio lunga venti anni
Chiuso il ciclo di incontri per ricordare la giovane donna che ruppe il muro dell’omertà
GLI ORRORI DEL RIONE POVERELLI. In aula il brutale racconto di come venivano adescati i bambini del Terzo Circolo Didattico, quelli del Rione Poverelli. Storditi, drogati, ubriacati, zittiti con il nastro da imballaggio e infine stuprati, nei bagni della scuola o a casa dei reggenti del clan. Un quadro agghiacciante di un massacro vergognoso e immondo nel silenzio complice e colpevole di tanti che dovevano vigilare, denunciare e proteggere e non l’hanno fatto. Gli abusi sui minori furono documentati grazie alle denunce di tre madri, i cui figli erano caduti nella rete dei pedofili.
IL RUOLO DI MAMMA CORAGGIO. Matilde Sorrentino fu l’assoluta protagonista, per questo detta “mamma coraggio”. Le sue dichiarazioni vennero acquisite sia nella fase delle indagini preliminari, sia nel corso del processo. La sentenza di primo grado emessa il 9 giugno del 1999 portò in carcere 17 dei 19 imputati, tra cui lo stesso Francesco Tamarisco, poi assolto in appello. In seguito alla condanna i figli di Matilde furono trasferiti in una località segreta e fu cambiata loro l'identità, assistiti dall'avvocato Elena Coccia. Il 26 e il 27 luglio dello stesso anno, in appena dodici ore, vennero trucidati a Torre Annunziata Ciro Falanga e Pasquale Sansone, ritenuti tra i principali esponenti dell’organizzazione di pedofili, rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, nonostante fossero stati condannati a 15 e 13 anni di reclusione.
L’ODIO DI TAMARISCO. Nel corso delle indagini a carico di Francesco Tamarisco – capo dell’omonimo gruppo criminale detto dei “Nardiello”, con base a Torre Annunziata ed operante nell’ambito del traffico dei narcotici – sono stati acquisiti una serie di indizi che hanno portato gli inquirenti a ritenerlo il mandante e l’organizzatore dell’omicidio di “Mamma Coraggio”. Secondo gli inquirenti Tamarisco nutriva gravi ragioni di astio e di risentimento nei confronti della donna che “aveva osato denunciarlo”. Le prove raccolte nei confronti del boss dimostrano, secondo l’accusa aldilà di ogni ragionevole dubbio, che fu proprio lui a fare uccidere Matilde. La sua abitazione fu trasformata nel teatro del suo massacro e i suoi figli costretti a subire con violenza la perdita della loro madre.
E dopo tre ore di attesa di attesa è arrivato il verdetto che dà coraggio nella giustizia a chi vuole rompere il muro dell'omertà imposto dai clan.
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