“Le dichiarazioni dei pentiti sui mandanti dell’assassinio di Matilde Sorrentino sono state apprese dai giornali, non da fonti dirette. Così facendo in aula è stata raccontata una verità distorta e piena di contaminazioni, frutto di affermazioni arrivate in maniera sospetta e tardiva”.

L’avvocato Alessandro Pignataro ha concluso così la sua arringa, durata circa otto ore, chiedendo l’assoluzione per Francesco Tamarisco. Secondo il legale il boss, sul quale pende una richiesta di condanna all’ergastolo, è “totalmente estraneo ai fatti. Lo provano anche le numerose denunce effettuate dalle tre Mamme Coraggio (oltre a Matilde Sorrentino, anche Bianca Cacace e Annunziata Caso, ndr) che non menzionano minimamente Francesco Tamarisco. Tant’è vero che i figli non lo hanno riconosciuto nemmeno in foto”.

Un lungo “excursus” da parte dell’avvocato che ha iniziato proprio dalle prime denunce raccolte dalle donne, del 1995, in cui venivano denunciati abusi sessuali ai danni dei loro figli. Nelle segnalazioni veniva affidato un ruolo chiave anche a una maestra della scuola degli orrori, nel cuore del rione Poverelli di Torre Annunziata. Uno scaricabarile di responsabilità che ha coinvolto la stessa insegnante, che fece anche depositare una perizia nella quale veniva messa in discussione l’attendibilità dei bambini vittime delle violenze.

Ampia discussione è stata riservata ai collaboratori di giustizia che si sono succeduti in aula. Ascoltati spesso anni dopo che avevano intrapreso il percorso di collaborazione con lo Stato (certamente dopo i 180 giorni canonici per la verifica delle loro dichiarazioni). Tutti però con una sola voce: “Francesco Tamarisco l’ha fatta ammazzare, Matilde Sorrentino doveva essere zittita per sempre”. Dichiarazioni che l’avvocato Pignataro ha etichettato come “distorte, frutto di una contaminazione senza precedenti”.

Analizzati anche i conti bancari dei familiari di Alfredo Gallo, condannato all’ergastolo per aver ucciso Matilde. Secondo l’accusa, avrebbe intascato 50mila euro dal boss Tamarisco, per pagare morte e silenzio sulla tragedia. “Di questi soldi non c’è traccia – ha spiegato in aula l’avvocato Pignataro -. Le quote inviate ad Alfredo Gallo per il suo sostentamento in carcere sono molto simili, sia prima che dopo il delitto”. Alfredo Gallo aveva infatti già scontato un periodo di detenzione per l’omicidio di Andrea Marchese. In quel periodo riceveva in media circa 200 euro al mese, circa 50/100 in più nella seconda detenzione dovuta all’omicidio di Matilde Sorrentino. “Certamente non i 500 euro al mese di cui si è parlato in aula e di cui hanno parlato i pentiti”, ha ribadito l’avvocato durante l’udienza.

Il sostentamento dal carcere veniva dagli stessi familiari. Per l’accusa erano a reddito zero. Per la difesa di Tamarisco erano pensionati, lavoratori e percettori di finanziamenti e persino vendendo camion: “Lo stesso Gallo per mantenersi lavorava come cuoco in carcere – ha concluso Pignataro -. La verità che è stata condotta una indagine monca, che non ha tenuto conto delle bande criminali di Torre Annunziata. Tamarisco non ha colpe sull’omicidio di Matilde Sorrentino”.


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